I profughi accolti sono clandestini?

No, dal momento in cui sono soccorsi in mare e fino a quando non si conclude la procedura relativa, per lo Stato Italiano sono richiedenti asilo, e quindi hanno il diritto di soggiornare in Italia. Questo è previsto in generale dalla legge italiana, europea, e dalle convenzioni internazionali (Convenzione di Ginevra 1951) per tutelare coloro che sono costretti a scappare dai loro paesi per sfuggire a morte, guerre e persecuzioni.

Chi sono i “clandestini”?

Con il termine clandestini si intende le persone che sono irregolarmente presenti in Italia (cioè non hanno un permesso di soggiorno valido). Quindi si definiscono clandestini o irregolari i migranti che sono in Italia senza aver mai avuto un permesso di soggiorno o che non hanno rinnovato un permesso di soggiorno valido ora scaduto.

Cos’è il permesso di soggiorno?

Il permesso di soggiorno è il documento con il quale lo Stato italiano autorizza un migrante a vivere in Italia. Ne esistono diversi tipi a seconda dei motivi per i quali una persona straniera vuole venire in Italia (lavoro, famiglia, studio). Più del 90% dei permessi di soggiorno è rilasciato a lavoratori e ai loro famigliari. Solo una piccola parte è rilasciata ai profughi.

Perché i profughi arrivano in Diocesi?

Il sistema di accoglienza nazionale prevede che ciascuna Regione si “faccia carico” dell’accoglienza di un numero di profughi proporzionale alla propria popolazione di cittadini residenti; pertanto una volta soccorsi in mare ed accolti nelle strutture di prima accoglienza, i profughi sono “mandati” nei diversi territori direttamente dal Governo. A questi si aggiungono le persone che autonomamente e spontaneamente lasciano i centri di accoglienza e si muovono per l’Italia, come accade ad esempio per i cittadini siriani che giungono alla stazione di Milano.

Possono lavorare?

No, i profughi per i primi 6 mesi NON possono lavorare in Italia, l’attività lavorativa è possibile solo dopo che sono trascorsi 6 mesi e solo se così è scritto sul permesso di soggiorno.

Quanto costa accogliere un profugo?

Per l’accoglienza di ciascun profugo lo Stato italiano può arrivare a spendere 35 euro al giorno, questo è infatti il costo massimo stabilito. Di questi, solo 2,50 euro al giorno (7,50 euro in caso di famiglie di tre o più persone) entrano nelle “tasche” delle persone a titolo di pocket money (per un caffè, per le sigarette), il resto della somma viene erogato alla struttura di accoglienza che con quei soldi deve assicurare vitto, alloggio, pulizie, vestiario, igiene, insegnamento della lingua italiana, assistenza legale, una ricarica telefonica di 5 euro ogni 15 giorni e altri servizi.

Quanto dura l’accoglienza?

La durata dell’accoglienza dipende da quanto tempo lo Stato italiano impiega per esaminare la loro domanda di asilo. Attualmente la procedura dura dai due ai tre anni durante i quali restano nelle strutture di accoglienza.

I profughi accolti possono andare in altri Stati europei?

No, la legislazione europea prevede che lo Stato di primo arrivo provveda alla loro identificazione e, una volta identificati, provveda a valutare la loro condizione di profugo. Durante l’esame delle domande le persone non possono lasciare l’Italia per trasferirsi in un altro stato UE.

Una volta riconosciuti come rifugiati possono trasferirsi in un altro Stato europeo?

No, anche in questo caso devono rimanere nello stato che ha riconosciuto la loro protezione.

Siamo sotto invasione?

No, nella classifica dei paesi industrializzati, l’Italia nel 2014 era al 18esimo posto come incidenza delle domande di protezione in rapporto alla popolazione residente (2600 domande ogni milione di abitanti). Al primo posto troviamo la Svezia, e la Germania è al nono. Se poi guardiamo al mondo intero vediamo che in Libano è rifugiato 1 persona su 4 (25%), in Giordania circa 1 persona su 10, mentre in Italia l’incidenza del rifugiati sul numero di abitanti è compreso tra 0,15% e 0,2%.

Quali sono le debolezze del sistema italiano?

Il sistema di accoglienza italiano presenta alcune debolezze che incidono sulla percezione che l’intera popolazione ha sul fenomeno migratorio. Innanzi tutto la lentezza delle misure di riconoscimento (2-3 anni), che ostacola il perseguimento della autonomia e indipendenza delle persone accolte. Ancora, il sistema dei rimpatri è assolutamente inefficiente e nei fatti puramente demagogico in quanto non si investe in modo significativo sulla collaborazione con i Paesi di provenienza; pertanto, di fatto, è impossibile attuarli.

 

Caritas Ambrosiana – Area stranieri   

Foto da www.ilgiornale.it

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