CHI ACCOGLIE VOI,      ACCOGLIE ME!

Il 16 maggio, presso la Biblioteca comunale di Inveruno, con la presenza del Sindaco, è andato in scena uno spettacolo, sospeso tra reportage e racconto, dal titolo “Sconfinati” – tra Balkan route e rotte migratorie”.     Questo spettacolo – reportage era già stato presentato nella Sala della Comunità di Cuggiono e, dentro la scuola, agli studenti dell’Istituto Torno.   La data del 16 maggio è diventata più significativa perché, nei giorni immediatamente precedenti, il nostro Decanato dava inizio a quella “accoglienza diffusa” proposta a tutte le nostre parrocchie sia dal Papa che dal nostro Arcivescovo.

 Da sabato 13 maggio, infatti,  due persone sono ospitate a Dairago e da lunedì 15 maggio quattro a Castano e tre a Furato.                       Nove persone su circa 80.000 abitanti del nostro decanato! Poca cosa in verità.

 Perché accoglienza diffusa?

Perché è molto diverso concentrare centinaia di persone in strutture che finiscono per diventare veri e propri ghetti, rispetto al distribuirle in piccoli gruppi che possano interagire con noi e stabilire relazioni e dialoghi carichi di vicinanza e di calore umano.    E’ di questo che hanno bisogno persone totalmente spaesate rispetto sia alla terra che hanno dovuto lasciare sia alla terra e alla cultura alle quali sono approdate.     In aggiunta possiamo sottolineare che l’accoglienza diffusa permette un maggior controllo sociale.

 

A chi diamo accoglienza?

A persone in attesa che lo Stato italiano esamini la loro richiesta di asilo o di qualche altra forma di  protezione, per pervenire o all’accoglienza o al respingimento.   I tempi per questo esame superano, attualmente, e anche abbondantemente, l’anno (si è più vicini ai due anni). Per questo tempo (una sorta di limbo… che può però avere anche l’esito… infernale del respingimento), queste persone rimarranno tra noi.   Alla “Cooperativa Intrecci” e alla “Fondazione Padri Somaschi” il compito istituzionale di gestire queste persone in accordo con la Prefettura.   Alle nostre comunità il compito di accompagnarle e farle sentire al sicuro e circondate di simpatia e attenzione sincere.

 

Come ci siamo preparati alla “Accoglienza diffusa”?

Il cammino di preparazione a questa ospitalità e stato lungo e non privo di intralci.   La Caritas sa benissimo di doversi misurare sia con un problema, le migrazioni, che non è in suo potere risolvere, sia con tanti pregiudizi che circolano a proposito dei migranti.   Abbiamo purtroppo dimenticato che gli stessi pregiudizi hanno incontrato milioni di italiani (12.000.000 gli italiani tra il 1876 e il 1976 – 40.000.000 gli europei tra il 1880 e il 1914) che, spinti dalla miseria (non dalla guerra!..), hanno preso la decisione di emigrare.   Prima di dare la nostra disponibilità a questo gesto di carità abbiamo sentito differenti  esperienze già in corso (Cassano Magnago – Magenta – Busto Arsizio) e siamo stati sempre in contatto con la Caritas diocesana, con quella della zona IV e con la cooperativa “Intrecci”, emanazione della Caritas di Milano.

Due ultime osservazioni

  1. Le nostre comunità devono continuare la provvidenziale e tradizionale opera di assistenza (distribuzione di cibo, abiti, mobili, scuole di italiano, aiuto nella ricerca di lavoro, accompagnamento ai servizi sociali) ma devono aprirsi anche a queste più impegnative opere di misericordia (alloggiare i pellegrini è una di queste…) dove non si mette a disposizione qualche euro o qualcosa che a noi non serve più, ma beni più impegnativi: beni materiali come abitazioni (spesso vuote da anni…) e beni immateriali come tempi da dedicare alle persone che accogliamo, e simpatia, cordialità e disponibilità che aiutino a superare i traumi vissuti da questi uomini, donne e ragazzi.   Proprio questi beni immateriali, liberamente offerti, rendono l’accoglienza diffusa la soluzione più adeguata per i tempi di attesa delle persone che ospitiamo.

 

  1. Le nostre comunità devono intensificare la sensibilizzazione nei confronti della comunità politica (nazionale, europea, mondiale) perché la dichiarata disponibilità a intervenire nei paesi di emigrazione diventi, nel giro di pochi anni, progetto reale che permetta alla gente che ora fugge da guerre, povertà e mancanza di futuro, di rimanere a vivere dignitosamente nei propri paesi. Se ne è parlato abbastanza! E’ ora di agire!      A questo servono anche manifestazioni come la marcia che si è tenuta a Milano sabato 20 maggio alla quale hanno partecipato dalle 80.000 alle 100.000 persone.

Urgente è pure un lavoro di pressione perché vengano modificate leggi nazionali (la famosa Bossi – Fini che confina immediatamente nell’illegalità ogni richiedente asilo) e leggi europee (il trattato di Dublino che obbliga a richiedere asilo solo nel paese nel quale si varca la soglia dell’Europa:… concretamente Italia e Grecia…).    

 

 

                                                                 Don Franco e Gianangelo Vago

                                                                  Responsabili Caritas Decanale