Il complesso monumentale di Castelletto di Cuggiono si è sviluppato accanto ad un’antica cappella dedicata ai Santi Filippo e Giacomo esistente già nel 988 e ricordata da Goffredo da Bussero nel “Liber notitiae Sanctorum Mediolani” della fine del XIII secolo. In epoca imprecisata, ma verosimilmente nella seconda metà del sec. XIV, i religiosi domenicani raggiunsero il piccolo villaggio di Castelletto forse a seguito di lasciti o donazioni effettuate da persone colpite dalla “peste nera” che flagellò in quegli anni l’intera Europa o forse, semplicemente, per sfuggire al contagio che era più probabile in città. I frati, provenienti da Milano, si installarono in cascine ricevute in dono, certamente la Sapuina e quella dei Frati, cominciando a coltivare le terre circostanti.

I documenti coevi sono pochissimi; trattandosi di grange tutto rientrava nella contabilità del convento milanese di S.Eustorgio al quale i frati appartenevano e verso il quale venivano inviati “via Naviglio grande” i prodotti della tenuta di Castelletto. Passato il pericolo della pestilenza il numero dei religiosi qui residenti diminuì; sul posto vivevano soprattutto fratelli laici addetti alla coltivazione delle terre insieme a braccianti o mezzadri. Il termine “grangia” deriva dal francese “grange” e dal latino medioevale “grancia” che significano podere, tenuta.

Nel 1541 fu loro concessa la parrocchia di Castelletto con l’obbligo di provvedere al mantenimento del sacerdote diocesano che fino ad allora l’aveva avuta in cura. Il fatto significò una svolta nella presenza domenicana a Castelletto ponendo i religiosi al centro della comunità.

Nell’aprile 1570 San Carlo, in Visita pastorale, notò con un certo disappunto che la parrocchia era stata affidata ai religiosi, ma non prese decisioni per un’eventuale ritorno di preti diocesani.
Nei decenni successivi la piccola casa del parroco, divenuta convento, e la vicina chiesa furono ampliati. Furono costruiti locali di abitazione e magazzini per i prodotti dei campi e le derrate che come in precedenza venivano regolarmente inviate a Milano.

Le piccole comunità religiose di campagna avevano sempre rappresentato un problema per i superiori a causa della dispersione delle forze e, spesso, per la presenza di soggetti che sfuggivano al controllo e non sempre vivevano secondo la “regola” dell’Istituto d’appartenenza. Il 10 dicembre 1652 papa Innocenzo X con la bolla “Instaurandae” decise di sopprimerli. Tra questi vi erano quelli di Castelletto e di San Rocco a Cuggiono, ambedue dei domenicani.
Pur dovendo cedere la parrocchia al clero diocesano, i religiosi mantennero sempre la proprietà degli immobili e delle terre di Castelletto, essenziali per l’economia del convento milanese. Qualche religioso con la funzione di economo e alcuni fratelli laici continuarono ad abitare più o meno in continuazione a Castelletto per sorvegliare la coltivazione delle terre compiuta soprattutto da braccianti.

Verso la fine del secolo i domenicani riottennero la parrocchia e iniziarono l’ampliamento del convento e la costruzione del bell’edificio porticato che chiude a levante la corte, probabile opera del Muttone o del Robecco, architetti milanesi che a più riprese lavorarono per i frati. Le mappe del catasto di Carlo VI mostrano che nel 1722 il complesso conventuale era sostanzialmente identico a quello attuale.
Nel 1781-82 il convento di Castelletto come molti altri della Lombardia austriaca fu confiscato in seguito ai decreti dell’imperatore Giuseppe II e messo in vendita, ad eccezione dell’abitazione del parroco. Fu acquistato dal signor Cristoforo Bovara.

I proprietari che si succedettero alterarono in parte l’aspetto del convento. La mappa catastale del 1897 e le schede delle singole unità immobiliari documentano la nuova destinazione d’uso: tutta l’ala nord fu adibita allo stoccaggio e al trattamento di cascami di pellame, mentre la parte restante fu suddivisa in cinque unità abitative.
La situazione rimase sostanzialmente invariata fino al 1991 quando il complesso, in condizioni fatiscenti, fu acquistato dalla Curia arcivescovile di Milano divenendo proprietà della parrocchia dei Santi Giacomo e Filippo di Castelletto. Quasi subito iniziarono i primi interventi di manutenzione, di parziale risanamento delle parti murarie e di rifacimento dell’intera copertura.
Nel 1992, per interessamento e sotto l’impulso del Vicario episcopale mons. Franco Monticelli, del decano don Giampiero Baldi e del parroco di Castelletto don Carlo Venturin si diede inizio agli studi preliminari di riassetto funzionale e di restauro dell’intero complesso finalizzati ad un nuovo utilizzo dell’edificio, ad opera dell’ing. Luigi Paolino.

Da allora, con il coinvolgimento della Curia arcivescovile, grazie all’azione incessante dei successivi decani don Giuseppe Monti, don Erminio Villa, don Franco Roggiani e con la crescente disponibilità finanziaria delle parrocchie e dei benefattori, sono stati conclusi i progetti e avviate le opere di ristrutturazione e restauro. Nel 1995 le costruzioni annesse a nord del convento, rimaste di proprietà privata, furono demolite per far posto all’edificazione di villette a schiera.
Al termine dei lavori, il 24 giugno 2004, l’arcivescovo card. Dionigi Tettamanzi inaugurò la nuova struttura posta al servizio del decanato di Castano Primo e dell’intera comunità diocesana.